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UNIVERSITÀ
DEGLI STUDI CA' FOSCARI - VENEZIA
Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Culturali
- Indirizzo musicale -
Corso di Metodologia e tecniche del restauro dei beni musicali
Docente: Dott. A. ZANIOL
INTERVISTA A
MAURIZIO BANDIERA
RIPARATORE ED ACCORDATORE
DI PIANOFORTI
DI TREVISO
Allievo: Federico GUAIN Matricola: 774738
(Ora Maestro di Pianoforte presso il Conservatorio di Venezia con Laurea Specifica, Collaboratore presso il Conservatorio di Padova e Dottore in Conservazione dei Beni Culturali)
www.padovensemble.it
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INTRODUZIONE
Maurizio Bandiera è il titolare di una
bottega di pianoforti appena fuori le mura cittadine di Treviso:
ho scelto di intervistarlo perché è, secondo il mio parere,
una delle persone più adatte a rispondere a delle domande che
riguardino l'organologia e in particolare gli strumenti a tastiera.
Infatti, egli non è, come può sembrare, un semplice negoziante,
ma è un vero e proprio artigiano che non ha solo una semplice
attività commerciale di pianoforti, ma porta avanti una vera
e propria bottega, nonostante non abbia aiutanti o a chi insegnare
il proprio mestiere.
La sua attività può apparire, dall'esterno, come un banale lavoro
di vendita e noleggio di strumenti musicali, come ce ne sono
tanti, ma, se si entra nel suo piccolo negozio, si scoprirà
che oltre ad operazioni commerciali egli deve badare alla riparazione,
che talvolta si trasforma in vero restauro, di pianoforti, clavicembali,
clavicordi, insomma di strumenti a tastiera, cosa che fa di
lui uno degli ultimi artigiani rimasti a Treviso ad occuparsi
di corde, meccaniche e casse armoniche di strumenti che spesso
sono giunti in uno stato così pietoso da renderli inutilizzabili.
Strumenti che hanno però ancora molto da raccontare.
Una "paura" innata verso la tecnologia lo ha reso ancor più
legato ai vecchi insegnamenti e metodi che gli ha impartito
lo zio, il suo primo padrone, dal quale ha imparato il mestiere
che continua oggi nella piccola bottega ereditata ("paura" che
tra l'altro gli ha infuso lo stesso registratore verso cui doveva
parlare, troppo simile, a suo dire, ad un Timer, il suo più
acerrimo nemico). Ho pensato che l'intervista non dovesse solo
vertere su dei particolari tecnici riguardanti il suo lavoro,
ma anche sugli aspetti più umani ed etici del suo mondo, che
sempre si intreccia con quello dell'esecuzione e della didattica
musicale.
INTERVISTA A MAURIZIO BANDIERA
Come ha iniziato il suo lavoro?
"Ho iniziato come apprendista nella bottega di mio zio: la sua
era più grande della mia e aveva anche degli altri artigiani
che lavoravano per lui, e vedendo in me delle qualità adatte
per intraprendere questo mestiere, mi introdusse in questo ambiente
senza favoritismi ma facendomi iniziare dall'apprendistato,
come tutti".
Come funzionava la bottega di suo zio?
"L'apprendistato era fondamentale in un lavoro come il nostro,
e la bottega artigiana era costituita come una piramide, ossia
alla base, molto ampia, c'erano i lavoranti che si occupavano
dei lavori più umili, quelli che "sgrezzavano" il lavoro, e
in cima l'accordatore che ultimava il prodotto e ne garantiva
la qualità; il proprietario invece era una figura totalmente
estranea a tutto questo. Questo era il sistema di allora, e
chi stava un gradino più in alto insegnava a quello che era
immediatamente più in basso e soltanto se l'allievo si dimostrava
umile e volenteroso era assunto, altrimenti veniva rimpiazzato.
Il futuro apprendista doveva essere scelto in base a certe caratteristiche,
prima fra tutte la manualità, che va coltivata già dalla tenera
età: io sono stato scelto per il fatto che, fin da piccolo,
costruivo dei modellini con del materiale procuratemi da mio
zio, che mi controllava e curava questa mia passione; altra
caratteristica è la capacità di osservare e sentire, come se
si dovesse costruire un quadro, per cui è necessario conoscere
le infinite sfumature di colore e di toni: la tavolozza è qui
la gamma di suoni, di toni e semitoni".
Ha dei segreti nel suo mestiere?
"Il segreto più bello è quello di apprendere cercando di rubare
con la mente, gli occhi, l'udito quello che fa chi sta un passo
più su nella piramide gerarchica, e il segreto ultimo è quello
di voler poi fare le cose come devono essere fatte".
Lei si occupa solo di pianoforti o anche di altri strumenti
a tastiera?
"A volte mi capita di lavorare anche su clavicembali, spinette
e fortepiani".
Ma la clientela che le richiede dei lavori su strumenti
più antichi rispetto al pianoforte ha delle esigenze particolari
per uso privato o per dei concerti pubblici?
"Dunque, c'è chi compra un pianoforte copia dell'antico o un
clavicembalo copia dell'antico e ha di solito esigenze anche
concertistiche, e richiede il cambiamento di corde o, più semplicemente,
spiegazioni in merito al funzionamento della meccanica; oppure
c'è l'amatore che per un uso privato vuole possedere in casa
uno strumento d'epoca per suonare a titolo personale della musica
antica".
A questo proposito, cosa ne pensa della rivalutazione
degli strumenti antichi? È d'accordo?
"La rivalutazione è più che giusta, secondo me, perché in questo
modo non vanno persi certi tesori, come sono molti strumenti,
che vai la pena di recuperare, per una sorta di rispetto dal
punto di vista storico e costruttivo".
Lei è dunque d'accordo sul ripristino del cosiddetto
"suono originale" che spesso viene attuato per avere l'idea
meno approssimativa di come suonasse la musica antica?
"Il suono originale non è solo dovuto alla rimessa a nuovo di
uno strumento antico così com'era nella sua epoca originaria,
ma è dovuto anche alla cultura dell'esecutore ed alla sua umiltà
nello studiare a fondo la musica antica per ricavare da se stesso
quelle sonorità che sta cercando nello strumento, trattando
diversamente la tastiera, e non come se si trovasse davanti
ad uno Steinway a gran coda. Ricordo infatti un concertista
che suonò un fortepiano con la stessa veemenza con cui avrebbe
potuto suonare un pezzo da virtuoso romantico, facendomi tremare
per le sorti di quel povero strumento, che avevo accordato poco
prima e con tutte le cure necessarie".
Riguardo quindi la conservazione degli strumenti antichi,
l'Italia come si sta comportando secondo lei?
"In Italia siamo ancora alla preistoria, a meno che non si vada
a cercare l'amatore o il concertista: uno su tutti può essere
il maestro Angeleri, insegnante al "Pollini" di Padova, che
è un cultore, un amante della musica ed una persona che si è
rivolta con grande umiltà a tanti costruttori e riparatori più
anziani e che spesso, a tempo perso, si dedica al rifacimento
pratico e materiale di questi strumenti, che ha poi l'abilità
e le conoscenze necessarie per suonare".
E riguardo al restauro?
"Anche in questo caso siamo un fanalino di coda, poiché gli
enti pubblici, i comuni, ecc. spesso e volentieri si preoccupano,
se hanno in giacenza alcuni di questi beni musicali, di restaurali
(se decidono di farlo) solo dal punto di vista estetico e non
filologico. A questo proposito vorrei citare come esempio il
Museo Nazionale di Norimberga, in Germania: qui è esposta una
raccolta di strumenti a tastiera antichi devoluta dalla Neupert,
ditta che tuttora costruisce clavicembali a Bamberga, Tutti
i pezzi della collezione, che rappresentano un tesoro inestimabile,
sono stati accuratamente restaurati e riparati sotto ogni aspetto
ed ora sono perfettamente suonabili, tant'è che il Museo provvede
a fornire questi strumenti per eventuali concerti di musica
d'epoca e a rimpiazzare il posto vuoto lasciato dal pezzo in
uso con una foto e con un cartello in cui è indicata la sede
del concerto. Quindi in Germania l'interesse in questo campo
ha già trenta o quarantenni di differenza rispetto al nostro
paese".
È importante che uno strumentista abbia una formazione
di base anche per ciò che rigurda la riparazione del proprio
strumento, la sua storia e la sua manutenzione?
"Sì, sicuramente. Mio zio era accordatore al "Marcello" di Venezia
attorno agli anni Quaranta, abitava lì e aveva la responsabilità
della manutenzione di tutti i pianoforti. All'epoca il direttore
era il M° Tagliapietra, il quale istituì nel conservatorio un
corso di "costruzione, tecnica e manutenzione del pianoforte"
tenuto da mio zio che spiegava così ai futuri pianisti il proprio
lavoro e dava loro delle basi di conoscenza del proprio strumento.
La cosa fondamentale che mio zio ripeteva sempre era che, in
questo modo, gli studenti avrebbero avuto una sufficiente capacità
di distinguere uno strumento buono da uno di bassa qualità,
sia nell'atto della compravendita, sia per una esecuzione pubblica.
Una cosa, però, che tengo molto a dire è che questo corso non
aveva nessuna finalità formativa ma solo divulgativa, cioè gli
allievi non avrebbero potuto pretendere di saper riparare o
accordare a livello pratico uno strumento, come accade al giorno
d'oggi che molti giovani con alle spalle un corso teorico e
armati di un timer si professano accordatori, combinando un'infinità
di disastri, ma dava una conoscenza solo teorica".
... Quindi nel suo lavoro ha grande importanza l'esperienza.
"Sicuramente è fondamentale, e corsi teorici o anche in parte
pratici della durata di qualche mese, e non mi riferisco solo
a tali simili a quello tenuto da mio zio, ma anche ad altri
fatti in botteghe o in ditte più commerciali che artigianali,
non sostituiscono le conoscenze che un artigiano acquisisce
nel corso del proprio lavoro e degli anni, ma al contrario illudono
le persone che vi aderiscono di trovare un lavoro e di saperlo
far bene".
Riguardo la concorrenza?
"Nel campo artigianale, ormai, siamo rimasti in pochi: la concorrenza
è soltanto dal punto di vista commerciale, qui a Treviso; d'altro
canto, degli artigiani con il coraggio di tenere e mantenere
una loro propria bottega sono rimasto soltanto io".
Lei non ha figli, pensava di trasmettere la propria
tradizione a qualcuno?
"Non sarà un obbligo avere dei figli, visto che mio zio ha insegnato
a me la sua arte, e mi viene in mente la domanda che mia nonna,
madre di mio zio, gli poneva sempre: "ma perché non hai insegnato
il tuo mestiere ai tuoi figli?" e mio zio rispondeva - gliela
voglio riferire in veneziano - "So mi che testa gà i me fioi...
se un doman i farà un lavoro mal fatto e i ghe domandare chi
xe quel can che te ga insegna, cori ghe risponderà che so sta
mi... el me nome xe onorato e mi ghe insegno a chi ghe vogio".
Io invece mi sento ben onorato di aver avuto un maestro come
lui".
Se un giovane desiderasse intraprendere il suo stesso
lavoro, che cosa vorrebbe dirgli?
"...Che gli converrebbe, così come in altri campi, rivolgersi
all'estero se ne ha la possibilità, perché in Italia la situazione
artigianale è in pieno declino, poiché i costi che dobbiamo
sostenere sono alquanto elevati: il nostro è un lavoro che necessita
di un dispendio di molte ore, molto elevato se paragonato al
valore esiguo del materiale, e ciò rende l'artigianato un campo
sempre più proibitivo in Italia".
Nel suo lavoro, si è mai trovato davnti a qualche caso
particolare di cui doversi occupare?
"Sì, e sono quelli anche più divertenti che rompono un po' la
monotonia e la routine. Può capitare che dopo molti pianoforti
capiti un clavicembalo o un fortepiano... A proposito, vorrei
mettere in chiaro una cosa che mi sta molto a cuore, la differenza
tra pianoforte e fortepiano. Tanti non li sanno distinguere,
ma è solo una convenzione dei giorni nostri perché alla loro
nascita erano chiamati in entrambi i modi, come è possibile
rilevare dalle targhette originali di certe ditte, nelle quali
è scritto o "Pianoforte Fabrik" o "Fortepiano Fabrik" e sono
strumenti della stessa epoca e a volte della stessa fabbrica.
È una convenzione per distinguere il suono di un pianoforte
moderno da quello di un pianoforte datato. Tornando alla domanda,
mi è capitato in passato di riparare spinette, organetti meccanici
di un collezionista e addirittura, non molto tempo fay una cetra
che un ragazzo aveva trovato in America Centrale".
Quando le capitano clavicembali ofortepiani, quali sono
i lavori più di routine?
"Si parte dal rifacimento in toto, perché è difficile intervenire
diversamente: bisogna smontarli completamente e cominciando
col rifare la tavola armonica, ossia ricostruirla basandosi
possibilmente su quanto più materiale originale c'è, perché
l'aggiunta di materiali estranei alla stagionatura di quelli
preesistenti da poi dei grossi problemi. Bisogna poi saper distinguere
il tipo di acciaio più adatto all'intonazione che si vuoi dare
allo strumento e si rincaviglia il tutto; c'è poi il discorso
della meccanica, che, allo stesso modo, certi materiali sono
caduti in disuso, come ad esempio, nel caso dell'impennatura,
che non viene più fatta usando materiali naturali come un tempo,
ma con le pennette costruite in tephlon".
Se qualcuno le chiedesse qual è lo strumento migliore,
come risponderebbe?
"Beh, è un'impressione essenzialmente soggettiva, le rispondo
con un paragone: in Formula 1 ci sono molte auto pronte alla
partenza, poi non è detto che sia la Ferrari a vincere, poiché,
allo stesso modo, sono tutte competitive, ossia a partire da
certe marche quali Bechstein, Steinway, Blüthner, Ibach etc.,
sappiamo benissimo che sono tutte alla stessa stregua, poi può
dipendere dalle rifiniture e dalla capacità del pianista di
interagire con l'uno o con l'altro modello. C'è poi un discorso
di moda, nel senso che nell'Ottocento erano in voga i pianoforti
francesi, poi sono intervenuti nel mercato quelli blindati in
ghisa di fabbricazione tedesca che hanno fatto fare allo strumento
un grande salto di qualità. Dal dopoguerra abbiamo un'involuzione
per quel che riguarda il pianoforte in senso lato, ossia le
fabbriche impongono un loro gusto derivato dalla scarsità di
materiale, della qualità e delle ore di lavoro, essendo più
importante far quadrare il bilancio e rientrare dei costi di
produzione: adesso, dunque, abbiamo la moda delia strumentazione
asiatica in cui la qualità rimane molto bassa. Secondo me, il
pianoforte migliore rimane sempre quello di produzione europear
avendo un rapporto qualità-prezzo migliore".
Un pianoforte "economico", dunque?
"Sì, se per economico si intende comodo, alla portata di
tutti, di buona qualità meccanicamente ed esteticamente, e non
fabbricato "in serie" come quelli dì molte fabbriche
moderne. Voglio farle un:'delta inia idea di pianofòrte economico:
mio zio credeva che l'arte dovesse essere alla portata di tutti
e inventò, assieme ai suoi fratelli e ad altri familiari che
lavoravano con lui, il "micropianoforte" ideato e
costruito per i bimbij come recita l'articolo del Gazzettino
che vede appeso, aveva 5 ottave, era molto leggero e facile
da trasportare soprattutto in una città scomoda come Venezia
dove fui aveva la fabbrica. Qualche tempo fa Io propose alla
ditta Schulze-Polrmarm con cui cotlaborava che iniziò a costruirne
e, ancora oggi, ne vedo qualcuno in giro".
Adesso lei sta lavorando ad un Beehstein a mezza coda,
quali sono i lavori di cui necessita questo strumento?
"Questo pianoforte ha circa una settantina d'anni di vita,
e quando l'ho avuto si presentava abbastanza mal messo, ora
è in fase di rifinitura: l'operazióne principale e quella di
operare essenzialmente sulla tavola armonica, togliendo caviglie,
corde e piastra, e non, allargando le corde per buttarci colla
in doppio componente, come fanno alcuni che, nonostante tutto,
conoscono le vere fasi di lavorazione ma impiegano minor tempo
(ne conosco alcuni di questi, poiché avevano lavorato da mio
zio!). La riparazione della tavola armonica è servita a far
circolare nuovamente gli armonici in piena libertà: per fare
ciò è stato necessario rinvergare lo strumento smontato, rimettere
nella crepa ben tagliata dell'abete rosso, e alla fine levigare
bene il tutto; dopo di che ho rimesso la piastra dorata, le
caviglie e le corde, per poi passare all'accordatura. È una
operazione in apparenza semplice ma che richiede un grande dispendio
di ore e di energie, soprattutto quando bisogna ricaricare lo
strumento, per non provocare danni anche irreversibili, ossia
l'accordatura deve assere fatta molto adagio e con pazienza.
C'è da dire che in un pianoforte come questo lo sforzo trattivo
è di circa 20 tonnellate, la piastra poi lo distribuisce alle
parti in legno sottostanti. Fase successiva è stata la riparazione
della meccanica, in cui sono stati sostituiti i martelletti
e altre parti soggette ad usura; la fase finale è stata la regolazione
degli smorzi e la loro sostituzione con del materiale il più
adatto possibile a tamponare la sonorità delle corde".
Da quanto tempo sta lavorando a questo pianoforte?
"Da circa sei-otto mesi, ma non bisogna pensare che il
lavoro sia costituito di fasi
ininterrotte, ma tra una e l'altra ci sono dei tempi di assestamento
legati soprattutto alla
natura del legno per i materiali di costruzione, da rispettare
onde evitare dei danni
futuri".
Se un musicista, un pianista nel nostro caso, desiderasse
avere alcune nozioni sul suo mestiere e sulla riparazione di
un pianoforte, anche a grandi linee, esiste qualche supporto
(libri, ecc...)?
"Mi vengono in mente due titoli: un opuscoletto fatto da
mio zio, quando lavorava presso la ditta "Zanibon"
dove curava il settore pianoforti, che è ancora in commercio
e si intitola "L'accordatura del pianoforte, celere metodo
pratico" di Mirko Speronello, e un altro testo, con nozioni
più approfondite, del Dott. Luigi Enrico Bongiovanni "Norme
per l'accordatura dei pianoforti", che tratta molto esaurientemente
la meccanica dell'epoca, essendo il libro datato e non aggiornato,
per argomenti come questo, alle moderna pratica".
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